TARANTO – La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, per intervenuta prescrizione dei reati, la condanna emessa dalla Corte d’appello nell’ottobre del 2008 nei confronti dell’ex presidente dell’Ilva Emilio Riva (2 anni di reclusione) e del direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso (un anno e 8 mesi di carcere), accusati di getto pericoloso di cose e di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro nel reparto Cokerie.
Sono stati invece confermati gli effetti civilistici, e cioè il diritto al risarcimento del danno da parte della Uil provinciale e di Legambiente, che si erano costituiti parte civile. I reati ambientali si riferivano all’inquinamento dell’aria e alla dispersione di polveri su arredi urbani ed edifici pubblici del rione Tamburi di Taranto.
In appello furono assolti Claudio Riva, ex rappresentante legale dell’azienda, e Roberto Pensa, dirigente del reparto Cokerie, che avevano rimediato la condanna in primo grado (il primo a un anno e 6 mesi, il secondo a 6 mesi e 15 giorni con pena sospesa).
TUMORI E ARIA MALATA, L'INCHIESTA PARTI' NEL 2001
L'inchiesta fu avviata l'11 settembre del 2001 con il sequestro preventivo delle batterie 3-6 del reparto cokerie. Dieci mesi dopo, il 16 luglio del 2002, la Procura intimò all'Ilva la riduzione del 25 % della produzione del carbon coke. Una prescrizione ritenuta inaccettabile dall'Azienda, che avviò la chiusura degli impianti.
I dati raccolti a suo tempo dal Dipartimento di Prevenzione dell'Asl, relativi alla salubrità dell'aria e all'incidenza delle malattie dell'apparato respiratorio, erano davvero allarmanti. La Regione Puglia, il Comune e la Provincia di Taranto e il Comune di Statte avevano rinunciato a costituirsi parte civile in virtù del primo atto di intesa sull'ambiente siglato a Bari il 15 dicembre del 2004. Una maxi-perizia stabilì che il tasso di inquinamento prodotto dalle cokerie aveva superato i valori-limite.
Secondo la tesi degli inquirenti, Riva e Capogrosso avrebbero «omesso di dotare le batterie 3, 4, 5 e 6 del reparto cokerie (successivamente dismesse dall'Ilva ndr) di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione, nel luogo di lavoro e nelle aree circostanti, di fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione, onde prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie consequenziali in danno dei lavoratori addetti e comunque operanti nella zona».
A sollecitare un intervento degli enti locali, nel gennaio del 2001, furono il procuratore capo Aldo Petrucci e il procuratore aggiunto Franco Sebastio attraverso una lettera-denuncia che anticipava i risultati di una perizia sull'inquinamento.
http://www.lagazzettadelmezzogiorno....Notizia=344076
Una cosa potevamo avere, un po' di giustizia ... e invece
Sono stati invece confermati gli effetti civilistici, e cioè il diritto al risarcimento del danno da parte della Uil provinciale e di Legambiente, che si erano costituiti parte civile. I reati ambientali si riferivano all’inquinamento dell’aria e alla dispersione di polveri su arredi urbani ed edifici pubblici del rione Tamburi di Taranto.
In appello furono assolti Claudio Riva, ex rappresentante legale dell’azienda, e Roberto Pensa, dirigente del reparto Cokerie, che avevano rimediato la condanna in primo grado (il primo a un anno e 6 mesi, il secondo a 6 mesi e 15 giorni con pena sospesa).
TUMORI E ARIA MALATA, L'INCHIESTA PARTI' NEL 2001
L'inchiesta fu avviata l'11 settembre del 2001 con il sequestro preventivo delle batterie 3-6 del reparto cokerie. Dieci mesi dopo, il 16 luglio del 2002, la Procura intimò all'Ilva la riduzione del 25 % della produzione del carbon coke. Una prescrizione ritenuta inaccettabile dall'Azienda, che avviò la chiusura degli impianti.
I dati raccolti a suo tempo dal Dipartimento di Prevenzione dell'Asl, relativi alla salubrità dell'aria e all'incidenza delle malattie dell'apparato respiratorio, erano davvero allarmanti. La Regione Puglia, il Comune e la Provincia di Taranto e il Comune di Statte avevano rinunciato a costituirsi parte civile in virtù del primo atto di intesa sull'ambiente siglato a Bari il 15 dicembre del 2004. Una maxi-perizia stabilì che il tasso di inquinamento prodotto dalle cokerie aveva superato i valori-limite.
Secondo la tesi degli inquirenti, Riva e Capogrosso avrebbero «omesso di dotare le batterie 3, 4, 5 e 6 del reparto cokerie (successivamente dismesse dall'Ilva ndr) di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione, nel luogo di lavoro e nelle aree circostanti, di fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione, onde prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie consequenziali in danno dei lavoratori addetti e comunque operanti nella zona».
A sollecitare un intervento degli enti locali, nel gennaio del 2001, furono il procuratore capo Aldo Petrucci e il procuratore aggiunto Franco Sebastio attraverso una lettera-denuncia che anticipava i risultati di una perizia sull'inquinamento.
http://www.lagazzettadelmezzogiorno....Notizia=344076
Una cosa potevamo avere, un po' di giustizia ... e invece
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