Il 17 novembre è la giornata internazionale dello studente, celebrata fin dal 2004 con mobilitazioni studentesche in tutto il mondo, per ricordare gli studenti cecoslovacchi deportati e uccisi a seguito delle proteste contro l'annessione nazista del 1939.
Lo scorso anno la giornata di mobilitazione del 17 fu caratterizzata dalla denuncia dell’ approvazione al senato del DDL Gelmini, provvedimento che lo scorso 14 ottobre 2010 sarebbe dovuto tornare alla Camera per la sua definitiva approvazione e che, complici anche le sempre più laceranti contraddizioni all’interno del Governo, la mobilitazione generalizzata del mondo dell’Università in tutta Italia è riuscita a stoppare e a far rinviare a seguito della sessione bilancio, ottenendo una temporanea ma significativa vittoria.
La discussione alla Camera del DDL è stata calendarizzata per il 18 novembre. Per questo è necessario lanciare nuovamente lo stato di agitazione e rendere il 17 novembre una giornata di lotta fuori dall’ordinario, coordinata con gli altri atenei italiani e che abbia come obiettivo chiaro quello di fare da volano per iniziative, azioni, blocchi didattici e metropolitani finalizzati a fermare definitivamente il disegno di legge: il Governo deve capire che il mondo della formazione è in rivolta e che non sussistono le condizioni materiali e sociali per approvare sulla nostra testa un provvedimento che sancisce la distruzione dell’Università pubblica nel nostro paese.
Alla scure del DDL si sono aggiunti nel frattempo altri attacchi altrettanto distruttivi: gli inaccettabili tagli dell’89,54% al fondo nazionale per il diritto allo studio (da 246 mln nel 2009 a 25 mln previsti per il 2011!), l'ulteriore riduzione al Fondo di Finanziamento Ordinario, già martoriato dalla legge 133 – contro cui si sollevò l'Onda del 2008 – e per quanto riguarda la situazione piemontese, gli ulteriori tagli regionali al diritto allo studio, a cui hanno fatto seguito le imbarazzanti esternazioni di Cota sulla presunta necessità che siano le regioni di origine degli studenti a farsi carico delle loro borse di studio. Tutto ciò mentre 16 milioni di euro del bilancio regionale vengono di fatto trasferiti alle scuole private.
Il disegno generale, denunciato innumerevoli volte negli ultimi anni da parte degli studenti e dai ricercatori, è ormai palese anche ai meno attenti. Principi fondamentali dell'istruzione pubblica italiana, sanciti dalla Costituzione, come la possibilità di accedere ai più alti livelli di formazione indipendentemente dai mezzi economici a propria disposizione, stanno venendo smantellati a suon di tagli e decreti, facendoci regredire verso un modello classista in cui sarà il censo a determinare percorsi di studio più o meno di qualità per i giovani, o in cui sarà necessario indebitarsi tramite sistemi come il “prestito ad onore” per garantirsi livelli formativi adeguati.
La Conoscenza in questo paese non viene considerata come una risorsa strategica per uscire dalla crisi economica e di civiltà in cui siamo immersi, ma come una semplice emorragia di spesa pubblica da limitare, come un mondo critico e per questo pericoloso, da isolare e precarizzare.
Perfettamente in linea con la ristrettezza mentale del sistema capitalistico italiano, di cui è stato - fino ad ora - degno esecutore politico, il Governo partorisce politiche economiche e sociali (vedi il “Collegato Lavoro”) e spalleggia forzature aziendali sui diritti come quelle della Fiat a Pomigliano illudendosi di poter “tornare ad essere competitivi sul mercato” scaricando tutto il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori e delle classi sociali subalterne.
L'università e la scuola progettata da Tremonti e Gelmini per i prossimi anni è, semplicemente, inesistente. Non si tratta più soltanto di riordinare il sistema didattico o di spalancare le porte ai privati. Il peso dei tagli, della riforma della scuola, della “governance” e della precarizzazione della ricerca è tale da portare al collasso l'intero sistema scolastico e universitario italiano nel giro di pochi mesi.
Le risorse non saranno più spendibili per una didattica qualificata, una ricerca stimolante e un'adeguata offerta agli studenti. Le borse di studio scompariranno dal ricordo delle famiglie italiane, lasciandosi dietro l'unico strascico possibile: la condanna ad un futuro di precarietà e di debiti, ad una vita fatta di ricatti e costruita nell'incertezza.
Il 17 novembre dunque saremo in piazza, e chiamiamo tutti gli studenti, i docenti e i lavoratori della conoscenza ad unirsi a noi, nella convinzione di poter vedere presto al nostro fianco anche i lavoratori di tutti gli altri settori colpiti dalla sciagurata politica economica del governo, nel contesto di uno sciopero generale e generalizzato che diventa ogni giorno sempre più urgente.
L’anno scorso, durante la mobilitazione, esordimmo dicendo che ci stavano rubando il futuro. Lo hanno fatto, non siamo ancora riusciti ad impedirglielo. Adesso ce lo andiamo a riprendere.
LINK Taranto
Unione degli Studenti
Rete della Conoscenza
Lo scorso anno la giornata di mobilitazione del 17 fu caratterizzata dalla denuncia dell’ approvazione al senato del DDL Gelmini, provvedimento che lo scorso 14 ottobre 2010 sarebbe dovuto tornare alla Camera per la sua definitiva approvazione e che, complici anche le sempre più laceranti contraddizioni all’interno del Governo, la mobilitazione generalizzata del mondo dell’Università in tutta Italia è riuscita a stoppare e a far rinviare a seguito della sessione bilancio, ottenendo una temporanea ma significativa vittoria.
La discussione alla Camera del DDL è stata calendarizzata per il 18 novembre. Per questo è necessario lanciare nuovamente lo stato di agitazione e rendere il 17 novembre una giornata di lotta fuori dall’ordinario, coordinata con gli altri atenei italiani e che abbia come obiettivo chiaro quello di fare da volano per iniziative, azioni, blocchi didattici e metropolitani finalizzati a fermare definitivamente il disegno di legge: il Governo deve capire che il mondo della formazione è in rivolta e che non sussistono le condizioni materiali e sociali per approvare sulla nostra testa un provvedimento che sancisce la distruzione dell’Università pubblica nel nostro paese.
Alla scure del DDL si sono aggiunti nel frattempo altri attacchi altrettanto distruttivi: gli inaccettabili tagli dell’89,54% al fondo nazionale per il diritto allo studio (da 246 mln nel 2009 a 25 mln previsti per il 2011!), l'ulteriore riduzione al Fondo di Finanziamento Ordinario, già martoriato dalla legge 133 – contro cui si sollevò l'Onda del 2008 – e per quanto riguarda la situazione piemontese, gli ulteriori tagli regionali al diritto allo studio, a cui hanno fatto seguito le imbarazzanti esternazioni di Cota sulla presunta necessità che siano le regioni di origine degli studenti a farsi carico delle loro borse di studio. Tutto ciò mentre 16 milioni di euro del bilancio regionale vengono di fatto trasferiti alle scuole private.
Il disegno generale, denunciato innumerevoli volte negli ultimi anni da parte degli studenti e dai ricercatori, è ormai palese anche ai meno attenti. Principi fondamentali dell'istruzione pubblica italiana, sanciti dalla Costituzione, come la possibilità di accedere ai più alti livelli di formazione indipendentemente dai mezzi economici a propria disposizione, stanno venendo smantellati a suon di tagli e decreti, facendoci regredire verso un modello classista in cui sarà il censo a determinare percorsi di studio più o meno di qualità per i giovani, o in cui sarà necessario indebitarsi tramite sistemi come il “prestito ad onore” per garantirsi livelli formativi adeguati.
La Conoscenza in questo paese non viene considerata come una risorsa strategica per uscire dalla crisi economica e di civiltà in cui siamo immersi, ma come una semplice emorragia di spesa pubblica da limitare, come un mondo critico e per questo pericoloso, da isolare e precarizzare.
Perfettamente in linea con la ristrettezza mentale del sistema capitalistico italiano, di cui è stato - fino ad ora - degno esecutore politico, il Governo partorisce politiche economiche e sociali (vedi il “Collegato Lavoro”) e spalleggia forzature aziendali sui diritti come quelle della Fiat a Pomigliano illudendosi di poter “tornare ad essere competitivi sul mercato” scaricando tutto il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori e delle classi sociali subalterne.
L'università e la scuola progettata da Tremonti e Gelmini per i prossimi anni è, semplicemente, inesistente. Non si tratta più soltanto di riordinare il sistema didattico o di spalancare le porte ai privati. Il peso dei tagli, della riforma della scuola, della “governance” e della precarizzazione della ricerca è tale da portare al collasso l'intero sistema scolastico e universitario italiano nel giro di pochi mesi.
Le risorse non saranno più spendibili per una didattica qualificata, una ricerca stimolante e un'adeguata offerta agli studenti. Le borse di studio scompariranno dal ricordo delle famiglie italiane, lasciandosi dietro l'unico strascico possibile: la condanna ad un futuro di precarietà e di debiti, ad una vita fatta di ricatti e costruita nell'incertezza.
Il 17 novembre dunque saremo in piazza, e chiamiamo tutti gli studenti, i docenti e i lavoratori della conoscenza ad unirsi a noi, nella convinzione di poter vedere presto al nostro fianco anche i lavoratori di tutti gli altri settori colpiti dalla sciagurata politica economica del governo, nel contesto di uno sciopero generale e generalizzato che diventa ogni giorno sempre più urgente.
L’anno scorso, durante la mobilitazione, esordimmo dicendo che ci stavano rubando il futuro. Lo hanno fatto, non siamo ancora riusciti ad impedirglielo. Adesso ce lo andiamo a riprendere.
LINK Taranto
Unione degli Studenti
Rete della Conoscenza
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